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Tutta colpa di Hegel - di Amelia Parente


“La donna è fatta per piacere e per essere soggiogata”

“È necessario, volendola tenere sotto, urtarla e batterla”

“Amante da giovane, compagna nella mezza età e infermiera nella vecchiaia”

“La donna è materiale fecondabile, un maschio menomato”

“La differenza naturale tra i sessi è nella determinazione intellettuale ed etica”

“Che per nulla al mondo si estenda alle donne la nostra educazione liceale”

“Quand’anche possedesse dei talenti effettivi, la sua dignità consiste nell’essere ignorata, la sua gloria risiede nella stima del proprio marito, i suoi piaceri albergano nella felicità della famiglia”

 

Ne ho scelte solo 7. 


7 come i peccati capitali.


Ma avrei potuto andare avanti indefinitamente a elencare affermazioni simili attingendo alla filosofia, alla economia, alla mitologia, alla letteratura, alla sociologia. Materiale a iosa sulla indefettibile inferiorità della donna, sulla sua congenita subalternità.

Le 7 frasi che ho scelto sono di Rosseau, Machiavelli, Hegel, Nietzche, Bacone, Aristotele: tutti padri fondatori della nostra cultura, tutta gente che abbiamo studiato senza sospettare quanto avessero contribuito a generare e nutrire il pregiudizio misogino.


Le origini del pregiudizio sono millenarie, trasversali al tempo e alle discipline e sono sconcertatamente attuali.


Da diversi anni studio le origini del pregiudizio misogino e con più tigna nell’ultimo periodo, ho deciso insieme alle straordinarie compagne dell’Associazione di nutrire il dibattito sulle basi culturali della violenza di genere.


Millenni di storia del pensiero hanno contribuito a definire le donne come esseri subalterni, inferiori nella loro dotazione cognitiva e valoriale, realizzate solo nello scopo di procurare piacere agli uomini e consentirne la riproduzione, indegne alle arti, alle scienze, alle speculazioni, alla gestione della cosa pubblica, malevole e infingarde. Esseri da battere, esseri da soggiogare.


Con un gioco apparentemente banale, ho cercato un riferimento culturale per ogni epoca e lettera del nostro alfabeto che si sia chiaramente espresso sulla irreparabilità di una diseguaglianza iscritta nel destino delle donne.

Senza avere alcuna ambizione di esaustività accademica, ne ho trovati moltissimi, in ogni epoca e in ogni ambito del pensiero.

La mia ricerca iniziata come un gioco appunto, è diventata una suggestione inquietante…


Il pregiudizio non è dietro, è dentro.


Dentro la nostra storia, dentro le nostre credenze, dentro la nostra stessa percezione del mondo: in modo più o meno consapevole siamo stati forgiati da millenni di narrazioni offensive.


È talmente dentro che una affermazione di Platone è rinvenibile in un articolo di giornale di pochi anni fa che recitava “togliete i libri alle donne e torneranno a fare figli”. È talmente dentro che il magnifico rettore di Harvard (sì ho detto Harvard) ha quasi ripreso una affermazione di Hegel sostenendo la inferiorità biologica delle donne e la loro minore propensione alle scienze (affermazione che gli costò il posto). È talmente dentro che potrebbe essere stato Rosseau a scrivere l’articolo che - a vent’anni dalla scomparsa di Nilde Iotti prima donna Presidente della Camera, insegnante, partigiana, dirigente di partito la definiva “semplicemente” così: “una donna prosperosa, grande in cucina e a letto”.


È talmente dentro che a commentare femminicidi orripilanti, leggiamo parole inaccettabili come “delitto passionale” o “amore criminale” alcune delle tante espressioni di un linguaggio giustificazionista che riesuma categorie (anche legali) solo apparentemente superate.


Siamo state liete di apprendere della mobilitazione di tanta parte della nostra società. Una tra queste l’Osservatorio STEP, un asse università/media utile a contrastare le narrazioni tossiche sulla violenza di genere.


Capofila della ricerca, la sociologa professoressa ordinaria di sociologia dei fenomeni politici dell’Università La Sapienza Flaminia Saccà, che icasticamente asserisce “ Dal nostro studio era già emerso come la rappresentazione sociale della violenza sia sulla stampa che nei media, fino alle aule dei tribunali, sia caratterizzata dalla presenza strutturale dei pregiudizi e stereotipi ricorrenti con il risultato di una narrazione che rende la donna vittima tre volte: dalla violenza subita, dalla rappresentazione colpevole che di lei dà la stampa e non di rado l’ambito giudiziario, di una giustizia che troppo spesso viene depotenziata da una narrazione distorta”.


Siamo state liete di ascoltare l’appassionato intervento del presidente del sindacato dei giornalisti Italiani che dice “la cultura si cambia anche con le parole”. È una delle tante iniziative che abbiamo il dovere di coagulare.


Dal mondo dell’Associazionismo, aggiungiamo che le narrative esoneranti hanno una base culturale radicata che va estirpata grazie allo sforzo sistemico di tutte le istituzioni: famiglia, comunità, scuola, organi dello stato, media, associazionismo appunto.

Abbiamo tutti un dovere inderogabile, un imperativo prima di tutto morale per ribaltare una tradizione culturale radicata e velenosa a partire dalla consapevolezza della sua possanza storica.


E allora: cosa impedisce a ciascun nucleo familiare di vigilare sulle relazioni che i propri membri intrattengono al proprio interno e con altri? Cosa impedisce all’intorno sociale delle donne di supportarle nella protezione e rivendicazione dei propri diritti di sicurezza, libertà, espressività egualitaria? Cosa impedisce alle istituzioni scolastiche di promuovere dibattito, consapevolezza, educazione al rispetto e alla parità? cosa impedisce ai media di interrogarsi sul proprio ruolo di promozione di un linguaggio non esonerante appunto? cosa impedisce alle istituzioni uno sforzo più compiuto che guardi alla questione femminile in logica più sistemica?


A noi sembra che staremo andando nella direzione giusta quando ci spiegheranno che Aristotele non solo è stato uno delle menti più universali, innovative, influenti di tutti i tempi ma anche uno dei grandi sostenitori della inferiorità fisiologica della donna e della sua passività come destino.


A noi sembra che staremo andando nella direzione giusta quando l’alleanza tra media e accademia, sarà diventata strutturalmente votata alla creazione di un linguaggio nuovo.

A noi sembra che staremo andando nella direzione giusta quando sarà automatico ottenere vigilanza, prevenzione e protezione familiare, sociale, istituzionale.


A noi sembra che saremo autenticamente progrediti come umanità tutta quando il pregiudizio misogino sarà commentato come il paleolitico della civiltà.

 

PS: Nello svolgimento della loro attività professionale e associativa, molte donne di Leads hanno supportato o stanno supportando donne vittime di violenza. Stiamo componendo un racconto che raccoglie queste testimonianze e le sublima in una storia unica ed emblematica allo scopo di onorare le donne e promuovere dibattito e consapevolezza anche tramite lo strumento letterario. #StayTuned


Socia Fondatrice di Donne Leader in Sanità

 

 

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